Benvenuti nel mio sito e buona lettura!

  HOME

Se vuoi inviare un tuo commento

MAIL

Se vuoi leggere altri commenti

FORUM

 

LETTERE

DIVISE PER MESI

giugno 2009
maggio 2009
aprile 2009
marzo 2009
febbraio 2009
gennaio 2009
dicembre 2008
novembre 2008
ottobre 2008
settembre 2008
agosto 2008
luglio 2008
giugno 2008
maggio 2008
aprile 2008
marzo 2008
febbraio 2008
gennaio 2008
dicembre 2007
novembre 2007
ottobre 2007
settembre 2007
agosto 2007
luglio 2007
giugno 2007
maggio 2007
aprile 2007
marzo 2007
febbraio 2007
gennaio 2007
dicembre 2006
novembre 2006
ottobre 2006
settembre 2006
agosto 2006
luglio 2006
giugno 2006
maggio 2006
aprile 2006
marzo 2006
febbraio 2006
gennaio 2006
dicembre 2005
novembre 2005
ottobre 2005
settembre 2005
agosto 2005
luglio 2005
giugno 2005
maggio 2005
aprile 2005
marzo 2005
febbraio 2005
gennaio 2005
giugno 2004
 
L’APOTEOSI DEL PREGIUDIZIO il raid del Pigneto a Roma è un esempio, da insegnare nelle scuole, sul significato di pregiudizio.

30 maggio 2008

 

Il 24 maggio nel quartiere popolare del Pigneto una ventina di giovani, al seguito di un uomo di mezza età, hanno assalito alcuni negozi di immigrati, sfasciando vetrine e provocando danni ai locali.

Non sembrava vero ai sinistri sconfitti, umiliati e cacciati dalla stanza dei bottoni di poter gridare all’attacco xenofobo, fascista e razzista ed attribuirne inequivocabilmente la colpa morale all’insediamento della destra al governo.

Del resto la testimonianza di chi ha assistito che parlava di svastiche sulle sciarpe e di attacco deliberato agli extracomunitari, non lasciava dubbi. Questo ha dato la stura a duri giudizi di condanna da parte dell’intellighezia di sinistra.

Il giorno dopo il quotidiano Repubblica titolava « Raid neonazista al Pigneto» e denunciava con sdegno «la nuova aria che si respira nella capitale, intrisa di violenza xenofoba».

Padellaro, direttore dell’Unità, a chi negava la matrice politica del fatto rispondeva che «nulla è più politico del vento fetido della violenza di strada che si organizza in giustizieri della notte e bande di energumeni dediti alla pulizia etnica e di ogni altra diversità dalla pura razza ariana».

Altri giornali illuminati hanno espresso giudizi sommari anche peggiori.

E i presunti «rappresentanti del popolo» non sono stati da meno. Ecco alcuni esempi:

Paolo Ferrero di Rifondazione: «Non rassicurano le parole del sindaco Alemanno, che cerca di nascondere la matrice politica della violenza subita da diversi cittadini inermi e dagli immigrati al Pigneto e altrove. Se si è trattato di delinquenza, come sembrano sostenere gli organi investigativi? Di certo di tratta di una violenza neofascista, se non direttamente nazista.

Massimo D’Alema: «Lo Stato deve reagire con fermezza a questi episodi di matrice neonazista organizzati.

Marco Rizzo del PDCI: «Avanza con prepotenza a Roma e in Italia un forte vento di destra. E’ la tempesta ideologica che ha minato la nostra società, è il vento del razzismo e dell’intolleranza che vorrebbe cancellare la storia e imporre un nuovo regime in cui le libertà personali sono compromesse».

Piero Fassino: «Tutti riflettano su quali drammatici guasti può provocare un clima nevrastenico di criminalizzazione degli immigrati».

Walter Veltroni: «Si dice che non c’è stata matrice politica: non ci sarà stata, ma sulle sciarpe di uno di loro, come ha riferito un testimone, c’era una svastica».

Claudio Fava di Sinistra democratica: «Sarebbe grave sottovalutare il raid violento del Pigneto o derubricarlo ad un esempio di folklore fascista. Questi pestaggi immotivati contro immigrati inermi raccontano di un clima da «liberi tutti», che la stretta repressiva di questo governo sta provocando».

Piero Marrazzo governatore del Lazio: «Roma è una città aperta e multiculturale che non ha nessuna intenzione di lasciare spazio a drammatici episodi di razzismo e intolleranza e di rivivere anni bui e dolorosi di un passato che vogliamo definitivamente vedere alle nostre spalle».

Oliviero Diliberto del PDCI: «Il raid al Pigneto è il frutto avvelenato del clima xenofobo indotto dalle politiche del governo. E’ una violenza di gravità inaudita ma chi semina odio dovrebbe avere il buon gusto di tacere a risparmiarci ipocrite parole di condanna».

Bene, bravi. Peccato che abbiano fatto i conti senza l’oste.

Purtroppo per loro si è consegnato alla Digos il signor Chianelli, l’autore del raid, che ha tranquillamente dichiarato. «La politica non c’entra un c***o » e «Al Pigneto sono stato io, non chiamatemi razzista. Sono di sinistra, basta schifo nel quartiere».

Spiega infatti che la sua ex moglie era stata derubata del portafoglio ed un amico extracomunitario gli aveva detto che se voleva recuperare soldi e documenti doveva rivolgersi al negozio di un indiano di Via Macerata, punto di riferimento di spaccio e ricettazione. Non avendo avuto soddisfazione, ha deciso di vendicarsi.

Punto e basta.

Davanti a queste affermazioni ed al tatuaggio del CHE sul braccio del Chianelli, era un po’ difficile girare le carte in tavola. Difficile far passare il Che per una svastica.

Ora che tutti sono a conoscenza della verità, la rilettura di quanto costoro hanno affermato, dà un chiaro esempio di pregiudizio ottuso e di limitatezza mentale. E questo proprio da parte di coloro che dovrebbero o meglio vorrebbero essere il fior fiore delle «menti» italiche.

Solo dei boccaloni? No, troppo semplice. Questa è gente in malafede che sfrutta ogni pretesto, senza alcuna verifica, pur di attaccare la parte politica avversa.

Un fatto isolato? No, solo un caso eclatante che prevale su altri numerosi casi di pregiudizio strisciante e ipocrita.

L’aver perso una grande occasione per tacere non è certamente indice di vivace intelligenza. E con questa bella figura la sinistra è scesa di un altro gradino nella considerazione pubblica.

Continuate così, cari cialtroni.

PS: La Sinistra Critica, «per reagire al clima razzista», il 30 maggio proietta al Pigneto il documentario «Nazirock».
Nessuno li ha informati?
Direi piuttosto che «per reagire a un clima di ottusità» servirebbe una Sinistra Autocritica.


APPELLO CONTRO LA TIRANNIDE NEL MYANMAR

24 maggio 2008

 

L’Osservatorio Del Diritto Italiano e Internazionale ha inviato una richiesta di sanzioni urgenti, per i crimini che il governo di Myanmar ha e sta perpetrando contro la propria popolazione.

La richiesta è stata inoltrata al ministro affari esteri Franco Frattini e ai sottosegretari Stefania Gabriella Anastasia Craxi, Alfredo Mantica, Enzo Scotti, al ministro delle politiche comunitare Andrea Ronchi.

Questo il testo:

- Il disastro ambientale che all’inizio di maggio ha colpito la popolazione del Myanmar ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica lo stato di oppressione in cui quel popolo è costretto a vivere per colpa di un regime comunista, o sedicente tale, che lo priva di ogni diritto e di ogni libertà. E la tragica situazione in cui versa quel territorio ne è solo una parziale visione perché la censura limita la nostra conoscenza.

La prova di questa situazione dittatoriale ci è stata data dal rifiuto degli aiuti umanitari che tempestivamente sono stati predisposti da vari stati, per paura che i mondo venga a conoscenza di tutte le violazioni dei diritti umani che vengono perpetrati nel Myanmar. Nelle tre settimane trascorse dal ciclone, che si stima abbia causato 134.000 vittime, altre migliaia di persone sono probabilmente morte a causa della fame, degli stenti e delle epidemie.

Oggi dopo molte pressioni internazionali, la giunta militare, che aveva nel frattempo accettato di far atterrare a Yangoon aerei provenienti da tutto il mondo, fra cui anche dagli Stati Uniti, ma senza gli operatori, ha finalmente dato il libero accesso anche agli operatori internazionali, permettendo loro di spostarsi sul territorio per dare un aiuto concreto. Peccato che in questo lasso di tempo il regime abbia dato prova della sua spietata avidità lucrando sulla pelle dei suoi cittadini, indifferente alle loro sofferenze ed alle loro privazioni.

Infatti gli aiuti internazionali inviati in Myanmar non sono giunti a destinazione, perché sono stati rastrellati dalle milizie governative per essere venduti al marcato della capitale. In piena luce del giorno nel più grande e antico bazar di Rangoon si possono comprare sacchi di riso con l'emblema dell'Onu e con le sigle del PAM, il Programma Alimentare Mondiale. Altri posti vendono frutta secca e verdure in sacchi con scritto “Aiuti del regno della Tailandia”.

Mentre decine di cooperanti stranieri del PAM a Bankok erano in attesa che le autorità birmane concedessero loro un visto per poter raggiungere le zone devastate dal ciclone, dove c’era assoluto bisogno di viveri, i rappresentanti del regime e i commercianti lucravano sul materiale donato dalla comunità internazionale.

Le sanzioni proposte dall’Occidente in sede Onu contro il regime militare del Myanmar potrebbero essere uno strumento utile ad affrontare la crisi birmana. Si tratta di sanzioni individuali che colpiscono esclusivamente le persone fisiche e giuridiche legate al regime, evitando effetti collaterali sulla popolazione innocente. L’opposizione di Russia e Cina, che hanno interessi commerciali da difendere, paralizzano però ogni decisione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Ciò nonostante, riteniamo opportuno che l’Italia faccia sentire la sua voce in modo perentorio e inequivocabile. Per questo chiediamo a Lei di fare quanto in suo potere per far si che l’Italia presenti una mozione presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU dove si chiede di attivare al più presto delle sanzioni concrete e non di facciata nei confronti delle autorità del Myanmar. -

(testo scritto da Flavio Berlanda)

So che la mia è una voce nel deserto che non conta nulla e non farà cambiare niente. Ciononostante credo che se alla mia goccia si uniranno tante altre gocce, forse si arriverà a colmare il bicchiere della sopportazione e della tolleranza.


LETTERA A MAINIERO Caporedattore di Libero

24 maggio 2008

 

Venerdì 25 aprile, rispondendo al signor Visconti, gli ha raccontato la parabola di una anziana signora che sperava nell'abolizione dell'ICI per fare qualche spesa. Ma lei, che "non ha voluto spezzarle il cuore e il portafoglio" non le ha detto che, secondo lei, certamente a giugno pagheremo regolarmente l'ICI. Ed ha liquidato la signora, dall'alto della sua lungimiranza, lasciandola nella sua illusione. Io invece ero convinto del contrario e così ho conservato il ritaglio proprio per scriverle questa lettera. Come vede si è sbagliato. Questo succede a tutti, ma il suo pessimismo e la mancanza di fiducia in Berlusconi, mi lascia molto perplesso. Se non ci crede lei, che è dalla sua parte, come potranno farlo gli altri?


lettera pubblicata da

 

SE QUESTA E' GIUSTIZIA ... Il caso Franzoni

23 maggio 2008

 

Ieri notte qui vicino a dove abito c’è stato un grosso movimento di volanti e sirene. Si poteva pensare ad un disastro naturale, un attentato, un colpo di stato. Niente di tutto questo.

Qui alla Dozza di Bologna è arrivata una donna o meglio una criminale che, data la pericolosità, è stata giustamente scortata da un bel numero di carabinieri. Non si sa mai. Anche se, secondo me, forse poteva bastare un vigile urbano perché a me la signora in questione fa più pena che paura.

Ma veniamo ai fatti. La signora Franzoni è stata condannata a 16 anni di carcere per aver, secondo la sentenza, ammazzato il figlio. Non so se lo ha fatto, forse sì. Ma per me una convinzione non sostituisce una prova. E da quanto ho letto e sentito, una prova che porta ad una colpevolezza senza ombra di dubbio, non esiste. Tutto ciò che collega la sua presenza sul luogo dell’omicidio è ovviamente dovuto al fatto che abitava li e che per prima ha soccorso il figlio. L’arma del delitto non è stata trovata. Quindi che cosa resta? Una convinzione.

Ma ciò più mi indigna non è questo.

Le cose che mi fanno credere che non sia stata fatta giustizia sono altre. Sappiamo che il grande spartiacque che stabilisce la gravità del reato è la volontarietà e la consapevolezza. I giudici hanno tentato in tutti i modi di puntare sulla perizia psichiatrica per dare conferma alla loro convinzione che la signora possa avere agito in uno stato mentale fuori controllo. La signora, se furba, poteva assecondare questa linea difensiva e cavarsela a buon mercato. Non l’ha fatto.

Quindi o totalmente stupida oppure convinta di essere estranea ai fatti. Essendo stata subito esclusa le premeditazione ed anche la volontarietà, non essendoci alcun movente, resta ovviamente solo la momentanea incapacità mentale. Mi risulta che la legge non prevede un giudizio a carico di chi non è capace di intendere e di volere ma prevede soltanto il ricovero in centri di cura mentale fino alla guarigione. Se una persona si ubriaca volontariamente e volontariamente si mette al volante ed ammazza qualcuno, si giudica come colpevole di omicidio colposo. La colpa si intende è per essersi messo alla guida in quello stato, non di aver voluto ammazzare.

Se una persona in un particolare momento in cui non è in grado di intendere ammazza qualcuno, penso abbia diritto ad essere giudicata allo stesso modo. Eppure al romeno che ha inconsapevolmente ed involontariamente ammazzato 4 persone sono stati dati 6 anni di villeggiatura al mare mentre alla Franzoni che, sempre inconsapevolmente ed involontariamente, avrebbe ammazzato il figlio sono stati dati 16 anni di carcere anziché 3 anni di vacanza in montagna.

In realtà il giudice aveva tre alternative:

- omicidio volontario con condanna all’ergastolo;

- omicidio involontario con pena mite o ricovero ospedaliero;

- omicidio a metà con pena a metà.

E’ stata scelta quest’ultima.

Altro ragionamento aberrante che ho sentito è che se la signora appariva meno in TV e avesse fatto meno sceneggiate, la corte sarebbe stata più clemente. Non oso pensare alla condanna che avrebbe avuto se fosse stata anche antipatica e brutta. Io sono rimasto al giudizio basato sulle prove e non sui passaggi in TV, ma evidentemente non è più così.

E per finire, la farsa. Tre anni di indulto, tra cinque anni fuori per buona condotta. Coscienze a posto ed avanti un altro. Ma che c***o (scusate il termine) di giustizia è questa? Pena assurda ed espiazione ridicola. Questa purtroppo è la falsariga a cui si sono conformati molti atti della giustizia italiana. In alternativa abbiamo l’indulto, il “fuori subito”, oppure, se sfigati, il carcere ad oltranza in attesa di giudizio. Una condanna proporzionata al reato e la certezza della pena? Utopia. Se la giustizia viene amministrata in questo modo .... è meglio starne alla larga.

PS Oggi ho immaginato che anziché assistere in TV al blitz notturno dove lo schieramento di auto con i lampeggianti dei carabinieri, su ordine del giudice, arrestava l'assassina, di sentire lo stesso giudice emettere questa ordinanza: "La signora Franzoni si presenti domani mattina alle ore otto davanti al carcere della Dozza dove sarà tradotta in custodia" e vederla arrivare accompagnata dal marito. Dal momento che il carcere serve per riabilitare, perché non cominciare subito con il rispetto del detenuto? Costerebbe poco e sarebbe un segno di vero civismo. E non mi dite che la Franzoni sarebbe potuta scappare. Se voleva farlo lo avrebbe già fatto.

Non esiste un Paese dove il rapporto tra istituzioni e cittadini sia a questo eccelso livello? E' vero, non esiste, ma esisteva.

Dove? Nell'impero Austro-Ungarico. Nel Trentino, che era territorio austriaco prima della guerra del 1915-18, questo era l'ordinario sistema di amministrare la giustizia.

Altra gente, altra civiltà.

LE PARTI IN ROSSO SONO STATE TAGLIATE DALLA REDAZIONE E NON PUBBLICATE


SORU CI DA SPERANZA

8 maggio 2008

 

Soru ha dichiarato che le nomine dei ministri di Berlusconi lo hanno deluso. Questo mi fa ben sperare. I ministri nominati da Prodi certamente gli piacevano di più e noi abbiamo conosciuto lo loro incapacità. Quindi è molto probabile che quelli appena nominati sapranno fare di meglio.

Se fossero piaciuti a Soru invece avrei avuto modo di proccuparmi.


lettera pubblicata da

 

LA CINA FA I PONTI Quando un Paese vede lontano

2 maggio 2008

 

In Cina è stato inaugurato un ponte di 36 chilometri, il più lungo del mondo, del costo di 1,5 miliardi di dollari, che taglia la baia di Hangzhou. E’ stato costruito in una delle tre aree marine che, sulla terra, registrano la maggior forza e intensità delle maree e sono battute dai tifoni. Il che rende il tutto ancora più sorprendente. E non è l’unica opera in cantiere in Cina. Oltre ad altri ponti sono previsti Treni ad Alta Velocità per collegare tutta la Cina e dare incrementa agli scambi ed alla produzione.

In Italia un ponte di cinque chilometri che potrebbe dare nuovi impulsi all’economia della Sicilia viene giudicato insicuro e quindi bocciato. E’ preferibile continuare con i collegamenti a mezzo barca. Ed intanto l’economia della Cina avanza a grandi falcate mentre l’economia dell’Italia sta boccheggiando.

Che dipenda anche dalla miopia dei nostri governanti?


BASTA CHIACCHIERE SULLE MORTI BIANCHE

2 maggio 2008

 

Basta alle morti bianche sul lavoro.

E' il messaggio lanciato con forza dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del 1 Maggio, festa dei lavoratori. E perché non “Basta alle morti in automobile” “Basta alle morti in mare e in montagna” “Basta a tutte le altre morti causate da imprudenza”? Forse il “basta” più efficace sarebbe “Basta alle chiacchiere sulle morti bianche e di tutti gli altri colori” .

Ogni anno si verificano morti sul lavoro e periodicamente presidenti e sindacalisti sparano proclami che normalmente lasciano le cose come si trovano. E’ vero che le morti bianche in Italia sono in calo ma questo è un fatto che non è dipeso dalle chiacchiere di Napolitano.

Eliminare le morti sul lavoro, come in tutti gli altri casi, è pura utopia. Ridurle invece è possibile se si adottano sistemi intelligenti. E’ cosa nota che le responsabilità delle imprudenze che causano infortuni è dovuta in parte ai datori di lavoro e in parte ai lavoratori. Ai datori di lavoro quando non adottano i materiale e realizzano le condizioni lavorative idonee alla sicurezza. Ai lavoratori quando non rispettano le disposizioni di sicurezza e non utilizzano il materiale a loro disposizione. Certo scarpe antischiacciamento, casco, guanti, transenne, protezioni e imbragature possono essere scomode e fastidiose. Controllare due volte attrezzature e stabilità delle impalcature può diventare noioso. Eppure sono queste le cose che, se trascurate, portano alla disgrazia.

Di chi è quindi la colpa delle morti bianche? Di entrambe le parti. Eppure in caso di controllo chi paga? Il datore di lavoro. Forse su questo punto si potrebbe responsabilizzare di più chi rischia la pelle e se il rischio non è sufficiente al lavoratore per fargli rispettare le regole, basta far pagare anche lui. Multe quindi ad ogni controllo per il datore di lavoro che non rispetta tutte le norme dotando i cantieri con le attrezzature richieste e per il lavoratore che non le utilizza o non le mette in pratica. Avete mai visto nei cantieri lavoratori senza casco ma con i casci appesi li vicino? Se si prendono un mattone in testa di chi è la colpa?


TORNA ALL'INIZIO