Ho seguito il consiglio di
Lisistrata firmando i tre Appelli di
Magdi Allam per il quale ho sempre
avuto ammirazione e stima.
(http://www.magdiallam.it) Però, pur
approvando le buone intenzioni, sono
rimasto perplesso sulla loro
efficacia. Questo il mio commento:
Aderisco volentieri all'Appello
“Salviamo l’Italia” perché ne
condivido il titolo. Condivido anche
l'analisi della situazione, ma mi
fermo qui. Mi fermo perché quando ho
terminato la lettura dell'appello mi
sono reso conto che è il solito
elenco dei mali italiani, magari ben
scritto, ma che non contiene nessun
elemento in grado di indicare la
strada che porta al “salvataggio”.
Non capisco quindi a che cosa
possa servire l’Appello e
soprattutto a chi dovrebbe essere
presentato. Forse al Padre Eterno?
Forse a quelli che sono in carica
per farne un uso indecente? O forse
ne va mandata una copia ad ogni
italiano, sperando che lo legga?
Dubito che lo farà.
Perché?
Perché come giustamente dice
Allam, i nostri rappresentanti sono
soltanto la proiezione macroscopica
del nostro quotidiano modo di
vivere. Dove la meritocrazia non
definisce i valori della nostra
società, dove il furbo che si
impadronisce della cosa pubblica è
comunque degno di ammirazione, dove
il posto di lavoro non si ottiene
tanto per capacità dimostrabili,
quanto per raccomandazioni, dove una
delle maggiori aspirazioni
professionali è un pubblico impiego,
dove insomma le virtù che in
qualsiasi paese sono considerate i
mattoni che edificano una grande
nazione da noi sono segno di
debolezza e di coglionaggine. Con
quale faccia può quindi ognuno di
noi criticare chi ci governa perché
si comporta proprio come noi? Non
possiamo certo rimproverarli di non
essere abbastanza rappresentativi.
L’esempio della legge elettorale
non sposta una virgola. Nel contesto
di cui si parla, che ci importa se
non abbiamo potuto scegliere i
candidati poiché il partito ce li
impone? Se in lista a Palermo mi
trovo un candidato di Vicenza quali
scelte potrei fare? O mi fido delle
indicazioni del mio partito oppure
ne voto un altro. Dovendo
caldeggiare una modifica, preferirei
stabilire il vincolo di mandato: se
io voto una persona che in pratica
non conosco, visto che normalmente
non vivo di politica, lo faccio
perché credo che rispecchi il
pensiero del suo leader. Se questo
poi mi volta gabbana non fa che
tradire il mio voto.
La Costituzione lo consente?
Cambiamola!
Altra cosa che normalmente
obietto a chi critica non il
sistema, ma le persone elette per
gestirlo, è che la carriera politica
è accessibile a tutti senza
distinzione di ceto o qualifica e
chiunque può partecipare ed essere
eletto. Chi ritiene i saper fare di
meglio non deve far altro che
convincere qualche milione di
persone della validità dei suoi
propositi e prendere in mano la
situazione.
Se il signor Allam avesse la
bontà di prospettare valide
soluzioni, avrebbe sicuramente il
mio appoggio ed il mio voto.
L'ipotesi poi di non andare a votare
viene da me decisamente censurata
perché non cambia assolutamente
nulla. Chi prende la maggioranza va
comunque a governare. Alcuni parlano
addirittura di rivoluzione. Ma non
credo che un nuovo Fidel Castro
possa creare il civismo di cui
abbiamo tanto bisogno.
Appunto il civismo.
Questa è la grave lacuna che
caratterizza gli italiani e che è la
causa fondamentale della attuale
situazione. Le tante culture di cui
l’Italia ha subito l’influenza ci
hanno certamente donato un melting
pot di conoscenze e di esperienze
che ci hanno elevato a primattori
dell’ingegno, ma ci hanno anche
corrotto nell’identità nazionale.
Una soluzione per “salvare
l’Italia”? Non c'è.
Non basta che una persona, onesta
e di buona volontà, supposto che sia
possibile, arrivi al vertice dello
stato. Anche lui, come altri che
l'hanno preceduto, si dovrà
assoggettare alle nefaste regole che
gli permettono di restare in carica.
Diversamente anche lui sarà
giubilato. Per governare degnamente
e giustamente dovrebbe poter agire
con regole diverse, con poteri
diversi, con istituzioni diverse,
con burocrazie diverse e senza i
privilegi, le corporazioni, gli
intoccabili, i poteri occulti e
tutto ciò che impedisce ogni
cambiamento.
Basterebbe quindi cambiare le
regole, ma chi ce lo impedisce?
La mancanza di una identità
nazionale unica. La mancanza di una
Italia composta di italiani che
hanno un comune obiettivo, che si
considerano parte di un unico popolo
con un’unica bandiera, che mettono
l’appartenenza davanti ad ogni
ideologia e confessione.
Si, perché noi abbiamo ancora una
Costituzione che definisce l’Italia
una repubblica fondata sul lavoro e
non una repubblica fondata sulla
lingua, sulle tradizioni, sulla
cultura, sul territorio. Un chiaro
esempio di retaggio ideologico che
ci trasciniamo da decenni. Se penso
che eravamo un popolo di navigatori,
di santi e di eroi ed ora siamo un
popolo di proletari non posso che
rattristarmi.
Nella nostra Costituzione viene
ancora discriminato chi la pensa in
modo non gradito ai Padri
Costituzionali. Un evidente ostacolo
alla libertà di pensiero, di
qualsiasi pensiero politico, che
dovrebbe essere alla base di ogni
democrazia.
Noi siamo ancora un popolo
diviso.
Un popolo che molte volte
considera una persona non per ciò
che vale ma per chi vota. Tutte le
strutture, gli enti e le istituzioni
italiane sono eccessivamente
politicizzati ed in ognuna di questi
si creano contrapposizioni e
contrasti che nulla hanno a che fare
con la funzione primaria per cui
sono stati costituiti con il
risultato di mala gestione, degrado
e corruzione materiale e morale.
Questo a partire da Magistratura,
Scuola, Sanità e Rai, toccando tutti
i settori dove viene gestito denaro
pubblico, per arrivare fino al
Festival di Sanremo.
Siamo un popolo che ancora
commemora fatti accaduti quasi un
secolo fa, ma non per ricordare
giustamente i morti, ma solo per
poter ostentare l’appartenenza ai
vincitori (la maggior parte dei
quali è salita sul carro a battaglia
finita), per ergersi a giustizieri e
cercare colpevoli che ormai non
hanno più niente da offrire alla
giustizia, per reiterare una sete di
vendetta che non porta avanti di un
passo verso la pacificazione, per
avere il pretesto di puntare il dito
contro la parte avversa.
Si continuano a presentare degli
assassini come eroi, se dalla parte
giusta, e come banditi se da quella
sbagliata, senza aver mai trovato il
coraggio di dire finalmente la
verità.
Per poter cambiare veramente le
cose bisogna essere tutti uniti in
un solo ideale e noi siamo ancora
ben lontani dal poterlo fare.
Bisognerebbe ricominciare dal
principio e cioè dall’insegnamento
scolastico che dovrebbe divulgare
una informazione completa e
apolitica, con dei testi super
partes, per consentire alle nuove
generazioni di crearsi opinioni
serene prive di pregiudizi.
Ma è un’utopia.
In realtà il tempo per cambiare
le cose c’è stato. Ma qualcuno ha
fatto in modo che ciò non
succedesse.
Purtroppo in Italia c’è ancora
troppa gente convinta che le nazioni
debbano essere guidate
dall’ideologia e fin che queste
persone avranno un forte potere
mediatico, educativo e giudiziario
non ci sono speranze che le cose
possano cambiare.
Io sono ottimista per natura, ma
cerco di essere anche realista.
Ebbene, non credo che la mia
generazione vivrà abbastanza per
assistere al miracolo.
Anche perché ai miracoli io non
ci credo.