Energie rinnovabili

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ENERGIE RINNOVABILI
 

FALSE PROMESSE AMBIENTALISTE

gennaio 2010

  Sulla questione energetica emergono periodicamente PAROLE D'ORDINE che vengono ripetute normalmente a vanvera. Pochi si chiedono se queste tesi hanno un reale fondamento.

Trent’anni fa la PAROLA D'ORDINE era ENERGIE ALTERNATIVE. Oggi possiamo constatare che quella speranza si è dimostrata fallimentare. Infatti   da allora il contributo da quelle energie è diminuito: la produzione di elettricità da alternative è passato, nel mondo, dal 22% nel 1980 al 18% oggi; e, in Italia, dal 27% nel 1980 al 18% oggi.

E ciò a dispetto della poderosa crescita degli impianti alternativi, eolici e fotovoltaici, la cui potenza installata, in questo lasso di tempo, è stata decuplicata per i primi e raddoppiata per i secondi. Come mai? Perché per ragioni tecniche, peraltro abbastanza banali, le tecnologie alternative sono un colossale fallimento, idea che nessuno sembra voler afferrare.

Una decina d’anni fa la PAROLA D'ORDINE era IDROGENO: non ci voleva molto a capire che anche quella sarebbe morta presto, sempre per ragioni tecniche, una delle quali, di nuovo, molto banale: l’idrogeno non esiste sulla Terra. L’idrogeno è infatti morto: perfino Obama, l’uomo dei sogni, ha cancellato tutti i programmi che lo riguardano.

Più recentemente stati in molti a riempirsi la bocca di un'altra PAROLA D'ORDINE: MIX. Secondo i fautori del mix, tutte le tecnologie dovrebbero contribuire alla produzione. A nessuno viene in mente che le tecnologie fallimentari andrebbero escluse, soprattutto se oltre ad essere fallimentari sono anche costose. Ogni impegno su eolico e fotovoltaico (Fv), in particolare, andrebbe sospeso: questi impianti costano un occhio della testa (l’eolico il doppio e il Fv 20 volte di più di un impianto nucleare) ma, soprattutto, sono inutili. Non a caso il loro contributo nel fantomatico mix è inferiore all’1% per l’eolico e inferiore allo 0.001% per il Fv. E già così è incalcolabile il danno che la loro presenza sta facendo. Un mix di produzione elettrica che sia razionale è così fatto: dopo aver massimizzato la produzione da idroelettrico (tenendo conto cioè dell'orografia locale), la produzione elettrica dovrebbe essere soddisfatta da nucleare e da carbone.

Il gas e il petrolio sono risorse preziose che è un crimine bruciare per produrre elettricità.

Ciò nonostante gran parte dell'opinione pubblica è contraria al nucleare, anche se gli sta bene comperare l'energia nucleare in Francia a prezzo raddoppiato.

 
I COSTI DEL FOTOVOLTAICO

ottobre 2010

Riguardo le tanto osannate centrali elettriche a concentrazione solare (a specchi) come quella sperimentale inaugurata da Enel a Priolo (Sr), è bene evidenziare quanto segue:

1) il costo di queste centrali (che producono in un anno la stessa elettricità di una nucleare da 1.600 MW del costo di 3,5 mld) è di quasi 58 mld, necessari per installare circa 4.800 MW (il rendimento elettrico di una centrale a specchi è circa del 33%);

2) la superficie di specchi della centrale di cui sopra è di 24 mil di mq e la superficie totale occupata da tutta la centrale è di circa 64 mil di mq, con conseguente consumo abnorme di territorio, mentre una centrale nucleare da 1.600 MW occupa appena 250.000 mq;

3) il costo di 1 kWh della centrale fotovoltaica è 6 volte superiore di quello di 1 kWh "normale".

 

Concludendo, non capisco il senso economico, energetico ed ambientale di queste centrali che vengono costruite solo quando non ci si fa guidare dalla scienza, ma dalle vulgate ambientaliste.

Carlo Cerofolini
 
le Marche gridano aiuto: il silicio ci sta uccidendo
Il Giornale 16.10.2010
L’installazione selvaggia dei pannelli sta sostituendosi al paesaggio. E c’è già chi ne approfitta.
 
green power
 

Uno scempio senza precedenti. La distruzione massiccia e inarrestabile di un paesaggio antico e nobilissimo, creato nei secoli dal lavoro umano, nel rispetto dei cicli armoniosi della natura, un paesaggio che circonda castelli, borghi murati, abbazie che giorno dopo giorno viene devastato dall'istallazione selvaggia degli impianti fotovoltaici, ettari di pannelli solari grigio-lucido, un deserto di silicio là dov'erano fino a pochi giorni prima querce, viti e olivi.

Nelle Marche il silicio è un affare sul quale si sono gettati già decine e decine di imprenditori improvvisati, ditte che nascono da un giorno all'altro come funghi, passando da dieci a cento dipendenti, tutte pronte ad acchiappare il momento favorevole, prima che gli incentivi governativi cessino e il business si riveli l'ennesimo flop.

Borgo Roncaglia, un grumo di case in territorio di San Lorenzo in Campo, borgo della provincia di Pesaro è un luogo è di tale, indicibile bellezza da convincere un'imprenditrice di San Lorenzo in Campo, Lea Luzi, ad acquistare e restaurare le casette abbandonate ricavandone 18 abitazioni in parte vendute e in parte affittate per lo più a stranieri: inglesi, belgi, olandesi. Che nel giro di un anno si sono trovati di fronte una collina ricoperta di accecanti pannelli di vetro.

«Stando al regolamento comunale dichiara Marco Spadola, direttore del piccolo e coraggioso periodico laurentino "Inchiostrolibero", nel solo territorio di San Lorenzo sono previsti diciotto impianti, di cui sette già autorizzati, su una superficie di 50 ettari e per una produzione di 20 megawatt. Un danno inimmaginabile per il nostro paese». Le diciotto famiglie di Borgo Roncaglia stanno tentando un'azione presso il Tar denunciando il danno economico ricevuto per la svalutazione del loro ex-paradiso. Questo dopo che le loro proteste presso il comune di San Lorenzo si sono arenate di fronte alle braccia allargate del sindaco Pd Antonio Di Francesco («I comuni non hanno mezzi per opporsi agli impianti») mentre la Provincia rifiuta loro l'accesso ai documenti di autorizzazione.

Nel frattempo il vuoto legislativo è diventato una voragine nel quale la speculazione fotovoltaica si è precipitata come un torrente in piena. A «Corinaldo città del sole», uno dei borghi più belli d'Italia la General Building si vanta di avere creato «una delle più potenti centrali fotovoltaiche d'Italia» da 2,3 megawatt impiantando diecimila pannelli in silicio policristallino. Un mostro di vetro a un passo dal sito archeologico della città romana di Suasa.

Ora si è mosso l'Assessorato all' Ambiente della Regione Marche «probabilmente sul limite massimo temporale» ammette il funzionario Minetti con una legge entrata in vigore il 27 agosto che prevede che tutti gli impianti superiori ai 200 kilowattora debbano essere sottoposti alla «Valutazione di impatto ambientale ». Ma nel frattempo è già lunghissima la fila delle domande presso le province per i nuovi impianti. Bisogna fare in fretta: fino al 31 dicembre lo Stato garantisce un incentivo di 0,35 euro per ogni chilowattora prodotto con il fotovoltaico.

E qui entra in campo la bassa resa dei terreni agricoli. «Lo scorso anno - dice Leandro Schiavoni, agronomo e consulente di varie aziende agricole marchigiane - il prezzo del grano è stato di 13 euro al quintale contro un costo di produzione di 24 euro. Per contro le imprese che impiantano il fotovoltaico offrono per la cessione ventennale del diritto di superficie dei terreni una rendita media di 4000 euro per ettaro all'anno». E la devastazione prosegue. Tanto più assurda, quanto più bassa è la resa in termini di energia.

Eolico e fotovoltaico producono attualmente solo lo 0,5 per cento dell'energia nazionale. Entro il 2020, anno fissato per raggiungere il 20 per cento della produzione energetica da fonti rinnovabili, eolico e fotovoltaico arriveranno a un massimo dell'1,5 per cento. Vale la pena?

La Regione Marche che ha pagato un milione e ottocentomila euro all'attore Dustin Hoffman perché storpiasse l'«Infinito» per la gioia del pubblico americano dovrebbe aggiornare i versi di Leopardi:
«E il naufragar m'è dolce in questo mare... di silicio».

Come investimento, non c'è male.

Domizia Carafoli

La parola magica: ECOCOMPATIBILE

2 gennaio 2011
petrolio
 
Dietro questa parola magica si nascondo in realtà interessi multimilionari che controllano il mercato seguendo le tendenze o meglio condizionando le scelte con previsioni catastrofistiche che riescono a spaventare le menti semplici o meglio sempliciotte.
Una delle materie prime, fondamentali per lo sviluppo di una società moderna e tecnologicamente avanzata è il petrolio, i cui derivati vengono utilizzati praticamente in tutti i settori produttivi.
Ma la parola più usata a sproposito da ecologisti ed ambientalisti è: NATURALE.
Questo termine dovrebbe definire delle sostanze che derivano direttamente dall'opera della natura. Ebbene, ciò che normalmente viene definito di origine naturale è in realtà frutto delle manipolazioni umane che si sono susseguite nei secoli. Con ciò che ci propone la natura saremmo già estinti da tempo.
La natura ci propone anche il PETROLIO, prodotto totalmente naturale in quanto le origini non sono mai state modificate dall'uomo. Ciò dimostra inequivocabilmente che la natura non ci propone solo cose buone e giuste, ma che ci offre la possibilità di scegliere ciò che meglio si adatta alle nostre esigenze ed in mancanza, anche di modificarle.
Secondo gli illuministi del naturale, però, i derivati del petrolio sono diventati da tempo il mostro da combattere e distruggere.
Ora la battaglia si sta svolgendo contro i sacchetti in plastica utilizzati nei negozi e supermercati per mettere i prodotti acquistati.
Saranno sostituiti con sacchetti prodotti con la bio-plastica. che a differenza del polietilene risulta degradabile in tempi molto più brevi.
Benissimo direi se le cose fossero così semplici.
Ma dobbiamo considerare che il Mater-Bi (la bio-plastica) è costituito da amido di mais, di patate o di grano allo stato naturale, opportunamente trattato e mischiato con una piccolissima parte di polimeri sintetici, derivati essenzialmente dal petrolio, ma con procedimenti che ne rendono le molecole biodegradabili. Dobbiamo quindi sostituire un prodotto "naturale" e gratuito (petrolio) con prodotti agricoli che dovranno essere coltivati massivamente e magari geneticamente modificati per produrre le quantità necessarie a sostituire il petrolio.
Per sfruttare correttamente le qualità della bio-plastica è però necessario che finisca il suo ciclo di vita nel modo giusto. Usare ad esempio sacchetti o altri contenitori biodegradabili per poi incenerirli assieme a tutti gli altri rifiuti sarebbe poco conveniente. Inoltre, il problema che maggiormente ostacola la sua diffusione è il prezzo, decisamente maggiore rispetto ai prodotti convenzionali. Quindi per il momento tutto si risolve in maggiori costi per i consumatori, poi si vedrà.
Un'altra strada intrapresa per ridurre il petrolio utilizzato nell'energia è il bio-diesel. In Brasile viene prodotto con la soia e con l’etanolo ricavato dalla canna da zucchero. Il Piano Nazionale dell’Agroenergia 2006–2011 prevedeva anche lo sviluppo di altre fonti agricole, come la biomassa forestale e i rifiuti provenienti dall’agricoltura e dagli allevamenti. La produzione di biodiesel a partire da colture come il ricino, il girasole e la palma in regime di agricoltura famigliare era stata auspicata come un modello ambientalmente sostenibile e socialmente includente, da introdurre con lo sviluppo del settore agroenergetico. Tuttavia i costi reali di questa produzione si sono dimostrati insostenibili e quindi in ultima analisi antieconomica. Una situazione determinata anche dal fatto che la maggior parte del biodiesel prodotto in Brasile si ricava dalla soia, il cui mercato è controllato dalle multinazionali e la cui coltivazione è in mano ai grandi latifondisti che fanno lo stesso gioco al rialzo dei produttori di petrolio. Fino ad ora, le azioni del governo volte a invertire questa tendenza sono state insufficienti e la sostenibilità del settore agroenergetico rimane un problema ancora irrisolto.
Non dimentichiamo che in un mercato globale l'enorme richiesta di prodotti agricoli per produrre il biodiesel porterà a rincari sui prodotti alimentari che sono alla base del nutrimento per le popolazioni povere e questo potrà diventare il vero problema. Siamo certi che questa sia la strada giusta?
Altro obiettivo degli ecologisti è l'eliminazione del Pet delle bottiglie con il Pla, una plastica di derivazione vegetale.
Vale lo stesso discorso di disponibilità di materia prima insufficiente.
Allora hanno pensato di sostituire la plastica con il vetro.
Come dire: dalla padella, nella brace.
Contrariamente alla credenza comune, il Pet è riciclabile all'infinito, il vetro no. Ormai tutti sanno che le bottiglie dell'acqua minerale riciclate vengono impiegate per la produzione di contenitori per bevande, film per alimenti, bicchieri, tessuti e fibre sintetiche.
Vero che anche il vetro può essere riutilizzato, ma solo per ricavare un materiale scuro che ha poca richiesta sul mercato.
E a questo proposito va detto che se per produrre 1000 bottiglie in Pet occorrono 100 litri di petrolio, per produrre 1000 bottiglie in vetro di petrolio ne occorrono 250 litri.
Quindi meglio il Pet che il vetro. STRANO, MA VERO.

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